venerdì 10 febbraio 2012

Gita a San Miniato e al Battistero


Per fare storia dell'arte siamo andati a San Miniato a monte, una delle chiese più famose di Firenze. Arrivati, la prima cosa che abbiamo visto è stato il magnifico panorama di tutta Firenze e il cimitero sottostante, all'inizio mi sono messo con la mamma a leggere un poco d'informazioni sulla chiesa, nelle quali si diceva che la chiesa era in stile romanico, era già presente ai tempi di Carlo Magno ma la struttura che oggi possiamo vedere è nata nei primi anni dell'XI secolo voluta dal Vescovo  Alibrando  e finanziata in parte dall'Arte di Calimala (l'arte dei mercanti) che ha messo il suo simbolo, un'aquila, in cima alla facciata.
Quando siamo entrati era tutto, tutto, tutto buio, e a poco a poco abbiamo visto le colonne delle tre navate, per terra nelle due navate laterali c'erano delle lastre di marmo su cui erano scritti i nomi delle persone sepolte sotto. Nella navata centrale sempre per terra c'è una famosa decorazione in marmo nero e bianco che rappresenta i segni dello zodiaco. In fondo alle navate laterali c'erano due scale in marmo che portavano scendendole alla cripta, dove è custodito il sepolcro delle spoglie di San Miniato protette da un cancello e una rete tutta intorno.
La nonna mi ha fatto vedere la statua di un ragazzo con una pecora che rappresentava Abele, a lei piaceva tanto perché aveva un'espressione così dolce.
Ritornando alle navate laterali, abbiamo salito le scale e siamo entrati nella sagrestia e ci siamo messi a guardare tutti gli affreschi della storia di San Benedetto eseguiti da Spinello Aretino un artista quotato dell'epoca. Tra le scene dipinte c'è n'è stata una che mi è rimasta molto impressa " la liberazione di un novizio dal demonio", perché era raffigurato un diavolo e mi era molto simpatico. Infine per ascoltare la storia intera della chiesa abbiamo messo due euro in una macchina con due specie di telefoni che raccontavano la storia nel sottofondo musicale dei canti gregoriani d'epoca. L'architettura romanica consisteva nel dividere a tre livelli i piani della struttura architettonica: la cripta in basso, le navate piano medio, il coro e l'altare sopra. Nell'abside in alto c'era un grande mosaico che raffigurava la Madonna da un lato e San Miniato dall'altro lato e nel mezzo c'era il Creatore (Dio).

Usciti dalla chiesa siamo andati un attimo al bar per prenderci qualcosa di caldo, poi ci siamo avviati in centro da via di San Salvatore a Monte fatta quasi totalmente di scalini che poi arriva alla Porta San Miniato. Passando dal quartiere di San Niccolò, poi dai lungarni e dal Ponte Vecchio siamo arrivati in p.zza Duomo dove c'era il Battistero. 

La porta EST del Battistero (tutta fatta doro)  fu realizzata da Lorenzo Ghiberti tra il 1403 e il 1424  .
Era chiamata anche la porta del paradiso perché presenta scene dell'Antico Testamento, che si susseguono su entrambi i battenti da sinistra a destra e dall'alto in basso. 



PORTA EST



Poi c'era la porta sud però costruita da Andrea Da Pontedera detto Pisano tra il 1330 e il 1336, che narravano degli episodi della vita di San Giovanni Battista, iniziando da quelle del battente sinistro (da 1 a 10) e proseguendo poi nel battente destro (da 11 a 20), mentre le altre 8 in basso recano personificazioni delle Virtù : Speranza , Fede, Carità, Umiltà, Fortezza, Temperanza, Giustizia, Prudenza.



PORTA SUD




E infine la porta nord, fu sempre costruita da Lorenzo Ghiberti in modo analogo alla porta di Andrea Pisano, anche questa è suddivisa in 28 formelle, con scene inquadrate dalla medesima cornice a losanga lobata. Le prime 20 formelle superiori narrano storie del Nuovo Testamento, le ultime due file mostrano i quattro evangelisti e quattro Dottori della Chiesa Questa porta si trovava originariamente ad est e fu spostata poi a nord vista la bellezza dell'ultima porta eseguita, la Porta del Paradiso.


PORTA NORD



Poi siamo tornati a casa, credo che sia tutto, insomma è stata una bellissima gita e come sempre la consiglio, scoprirete altre avventure se continuate a seguire ERIC SAPIENS.



The End

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